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8.LA BOTTEGA DI CANUTI

 

L’atmosfera della bottega era straordinaria, con quell’arredamento demodé che sembrava uscito da una vecchia cartolina sulle arti e mestieri degli anni ’50. Lo venivano a fotografare spesso, perché era come fare un singolare tuffo nel passato. Quella porta l’hanno aperta, oltre che clienti e amici, collezionisti, restauratori, critici e commercianti d’arte, artisti, giornalisti e la più svariata umanità.

Nella barberia-atelier-bottega d'arte-salotto di Canuti, il mobiletto tra i lavandini, che dovrebbe ospitare pettini, spazzole, shampoo e gli altri strumenti del mestiere (ma qual era poi il vero mestiere di Canuti?)  era diventato un tavolo da lavoro.

Eh sì, perché doveva essere sempre pronto, i pennelli lo chiamavano quasi tutti i giorni .

Eppure li maltrattava, li grattava sulla tela.

Immagino che fosse comunque un privilegio essere il  pennello di un Pittore così. Meglio una vita  breve, ma gloriosa.

Così, davanti ad un rubinetto, come uno che deve farsi la barba, Canuti dipingeva come se li avesse davanti colline, marine, nevi, temporali.

Nella sua memoria di grande osservatore c'era tutto, un catalogo di emozioni, un diario di immagini stratificato negli anni, di una natura bellissima e passata: gli bastava sfogliare le immagini della mente, il libro della vita.

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(...) quando suono il piano, sono seduta di fronte a un oggetto estraneo, ostile. La musica non mi appartiene, appartiene a quello strumento nero che ho davanti. Invece quando canto il mio corpo si trasforma in un organo e io divento musica. (...)

 

(Milan Kundera, L’immortalità, ed. Adelphi)

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Piazza Fontanesi, così vitale nei giorni di mercato, le bancarelle sono un trionfo di frutti e verdure variopinte.

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