Il Barbiere con la passione per l'arte
Fabrizia Sarti
(Stampa Reggiana - dicembre 2018)
All'età di 87 anni se n'è andato il pittore/barbiere Ermanno Canuti. Già a quattro o cinque anni, birbante e riccioluto, sgambettava per la Galleria Parmeggiani. Andava a vedere i quadri con suo padre. Anche se di arte non capiva ancora nulla, immagino la sua meraviglia, immerso in quell’atmosfera profonda e maestosa. Il piccolo seme della sua passione per l‘arte era stato seminato. A nove anni prima della guerra, quando già lavorava come garzone nella barberia di Ubaldo Gazzotti si interessava molto ai quadri esposti n negozio dal suo capo, grande appassionato d'arte, più che altro di autori reggiani dell'800- 900. Se la maestra non lo vedeva in classe, sapeva già dove andare a prenderlo per le orecchie. A diciott'anni, con un gruppo di amici, acquistò in blocco la produzione del pittore Ugo Lucerni di Correggio: l‘inizio della sua lunga strada di conoscitore, critico e commerciante di arte. Poi, verso i quarant'anni, stimolato dai suoi amici pittori Carlo Bazzani e Remo Tamagnini, ha preso in mano il pennello e le emozioni che aveva dentro sono diventate colore. Mi raccontava della grande gioia provata quando il grande Remo Tamagnini, che aveva visto un suo quadro dal corniciaio, gli disse che era così bello che avrebbe potuto firmarlo lui, un incoraggiamento incomparabile. Da allora Canuti ha dipinto
sempre. Era un essere singolare, estroso, un pittore della luce, delle pennellate libere. Assorbiva l'intensità della natura riversandola sulla tela con poesia. Una poesia a volte tenera come una risacca di memorie, a volte profonda, affondata nei chiaroscuri di una personalità complessa. Mai appagato, cercava sempre di superarsi, di dare ai suoi quadri un nuovo respiro, un soffio di luce viva. Combatteva contro suoi limiti sempre proteso in avanti, come quando da bambino correva scalzo e si sbucciava gli alluci, ma stringeva denti per volare sempre più forte. Era inquieto e dinamico, ma sapeva darsi il tempo per pensare.
Nel suo negozio, seduto sulla poltrona da barbiere, la sigaretta penzolante dalle labbra, se ne stava immerso nei pensieri, in quei momenti il suo unico mondo era la
sua anima. Poi entrava un amico e n un attimo ritornava il solito vulcanico, scherzoso, esuberante Ermanno. Ma anche burbero, insofferente. Non sopportava i presuntuosi, saccenti, i mediocri che si
fingono sapienti. Sapeva intrattenerti su infiniti argomenti, perché aveva interesse per tutti gli aspetti della cultura. La sua barberia un attimo prima era un luogo di chiacchiere, di ricordi, di barzellette e di colpo diventava un salotto letterario, una sala conferenze, un convegno di politica, religione, cinema, musica, storia. Per questo era un artista completo, perché era un uomo completo. Una persona tanto estroversa e scoppiettante non poteva che essere un artista. Ho avuto il privilegio di vederlo dipingere per oltre vent'anni. I suoi pennelli avevano vita breve, ma gloriosa. Li tormentava grattugiandoli sulla tela, li impugnava come un fioretto, li usava contropelo. Ma sapeva dare anche tocchi lievi, colpi di luce e di profondità in punta di pennello: ogni quadro come un racconto da rifinire con la giusta punteggiatura Dipingeva spesso in negozio, davanti ai rubinetti come davanti alla Pietra di Bismantova, al Castello di Canossa, ad una imponente nevicata, al rossore di una vigna ottobrina. Perché dipingeva a memoria, sfogliando suo catalogo di emozioni, il suo diario di immagini, il suo libro della vita. Le tele di Canuti resteranno per sempre, il ricordo della sua persona merita altrettanto di essere fermato sulla carta perché non si sciolga nel tempo che tutto ingoia. Ha avuto una vita lunga, ora non c'è più. Ha cambiato strada, come i contadini che dipingeva nei suoi quadri campestri: a volte il giorno dopo erano andati via. AI loro posto c'era solo il prato. Perché quadri spesso li trasformava. Li lasciava evolvere come la vita. “Vivere, nel vivere non c'è alcuna felicità. Ma essere, essere è felicità" (Milan Kundera).