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11. GLI ALBERI

 

Gli alberi di Canuti non sono sagome dolorose, sono sereni, succhiano silenziosamente dalla terra, sembra che aspettino i frutti o che si godano semplicemente il vento.  Anche le sue spettacolari vigne d'autunno sono pacifiche, consapevoli del loro tripudio multicolore. Cadono le foglie ma con la sensazione che ne ricresceranno presto altre. Gli alberi: quegli esseri viventi meravigliosi che sanno sopportare tutto. La calura e le tempeste, il gelo e le malattie, senza poter scappare. Che trovano dentro di sé il vigore per resistere. E se devono cedere, sanno trovare nelle radici nuovi virgulti. Non si può rappresentare la natura senza sentirla profondamente. Un cespuglio di fiori dell’angelo, col suo biancore esplosivo e fresco, non lo puoi riprodurre se non hai nel cuore una primavera. Una vigna che lancia il suo ultimo sprazzo di vita prima di spogliarsi, quel suo rosso sanguinoso, o il suo giallo d’oro devi averli anche dentro di te per vederli. Solo così il pennello prende i colori giusti dalla tavolozza, solo così chi guarderà il quadro si emozionerà. Canuti aveva trovato il linguaggio per trasmettere le sue impressioni, per comunicare con quel vocabolario che appartiene solo al cuore.

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L’aria acquosa

mi bagna gli occhi,

piega i petali

di fiori contratti,

mentre nel bosco bruno

respiro le foglie.

 

Imprimo il mio peso

nella pasta di foglie e fango

con la quale vorrei costruire

una casa nera

odorosa di funghi

e sedermi sulla soglia

a guardare cieli

spumosi di nuvole,

anitre tagliare l’aria opaca,

piogge cadere

come fili di vetro

che si spezzano sulle cose

 

e ascoltare lontana dalle voci

momenti impercettibili

stratificarsi come neve lenta

a coprire il mio tempo.

 

(Fabrizia Sarti).

Gli alberi

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