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(...) L’uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sé l’ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. (...)

- Plasson, sono giorni e giorni che lavorate quaggiù. Cosa vi portate in giro a fare tutti quei colori se non avete il coraggio di usarli?

Questo sembrò risvegliarlo. Questo l’ha colpito. Si gira a osservare il volto della donna. E quando parla non è per rispondere.

- Vi prego, non muovetevi – dice.

Poi avvicina il pennello al volto della donna, esita un attimo, lo appoggia sulle labbra e lentamente lo fa scorrere da un angolo all’altro della bocca, le setole si tingono di rosso carminio. Lui le guarda, le immerge appena nell’acqua e rialza lo sguardo verso il mare. Sulle labbra della donna rimane l’ombra di un sapore che la costringe a pensare “acqua di mare, quest’uomo dipinge il mare con il mare” – ed è un pensiero che dà i brividi. (...)

 

(Alessandro Baricco, Oceano Mare, ed. Feltrinelli)

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Pace marina

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Quel giorno i pensieri di Canuti erano impastati di azzurro.

Quell’azzurro rosato che è ancora cielo ed è già mare.

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